Questa iniziativa è di fondamentale importanza non tanto per un partito ma per il nostro paese

Con l’introduzione della libera circolazione delle persone abbiamo abbandonato il modello di successo che ha reso la Svizzera un’isola felice al centro dell’Europa. È quindi giunto il momento di riprendere in mano le redini della situazione e di gestire la nostra immigrazione. Il nostro Paese è come una casa o un appartamento: nessuno lascia la porta spalancata in modo che chiunque possa entrare. Questo vale anche per l’immigrazione nel nostro paese. Noi svizzeri siamo i proprietari di casa e anche dei buoni proprietari di casa. Ma vogliamo decidere autonomamente quali e quante persone abbiano il diritto di immigrare. Come d’altronde previsto dalla nostra Costituzione all’articolo 121a, adottata dal popolo e dai Cantoni il 9 febbraio 2014.

Questo è ciò su cui voteremo quando il prossimo 27 settembre ci esprimeremo sull’iniziativa per la limitazione. E questa iniziativa mi sta molto a cuore, come svizzero e soprattutto come ticinese. Se date infatti un’occhiata al mio cantone, potete facilmente immaginare cosa riserverà in futuro l’eccessiva immigrazione per il resto della Svizzera. In Ticino, la classe media è messa estremamente sotto pressione. I giovani vivono una grandissima difficoltà a trovare un primo impiego. In Ticino, l’eccessiva immigrazione ha portato a un enorme dumping salariale. È talmente enorme che il governo cantonale ha già dovuto decretare 21 contratti normali di lavoro obbligatori per stabilizzare i salari. Nel mio Cantone il rischio di povertà è passato dal 20 al 30%, il numero dei sottoccupati da 8.000 a 20.000 e quello dei beneficiari dell’assistenza è più che raddoppiato. Ciononostante, decine di migliaia di lavoratori a basso costo in provenienza dall’UE stanno spingendo sul nostro mercato del lavoro. Se vivete in un Cantone come questo, avreste certamente ragione a preoccuparvi per il futuro dei vostri figli.

Torniamo al modello di successo svizzero

In passato il nostro Paese era una terra di opportunità, non solo per gli svizzeri ma anche per gli stranieri. Oggi, tuttavia, la Svizzera sta diventando sempre più un satellite dell’UE e sta perdendo progressivamente la sua identità. Il modello di successo svizzero si basava in particolare sul fatto che noi svizzeri potevamo essere in grado di gestire l’immigrazione secondo le esigenze del nostro Paese. Prima di rilasciare un nuovo permesso di lavoro per stranieri, era necessario dimostrare che in Svizzera vi era una mancanza di professionisti qualificati. Chi ha a cuore il futuro della nostra popolazione farà tutto il possibile per far sì che questa preferenza indigena sia nuovamente e coerentemente applicata. In Ticino, a seguito dell’iniziativa sull’immigrazione di massa, abbiamo dato un massiccio sostegno all’iniziativa “Prima i nostri”. Perché? Perché siamo stanchi che i sindacati e le élite economiche e politiche cerchino di ingannarci facendoci credere che tutto vada bene e che le misure di accompagnamento saranno in grado di proteggerci dalle conseguenze negative della libera circolazione delle persone. Questo è almeno tanto falso quanto la previsione fatta nell’ambito della campagna di votazione sulla libera circolazione delle persone, secondo la quale sarebbero immigrate annualmente solo circa 8.000 persone in provenienza dai Paesi dell’UE. Dal 2007, data in cui è stata introdotta la completa libertà di movimento delle persone, sono passati solo 13 anni. In questo breve periodo, circa un milione di persone si è stabilito nel nostro piccolo Paese. Un milione di persone in più, che sono un peso enorme per le nostre infrastrutture, le nostre scuole, il nostro ambiente. Questa inarrestabile e dannosa pressione sul nostro Paese è parte integrante delle nostre preoccupazioni.

Non vogliamo una Svizzera con 10 milioni di persone e non vogliamo una Svizzera che permetta la sostituzione dei lavoratori indigeni da parte di lavoratori più giovani e soprattutto più economici provenienti dall’UE.

L’UE ha interesse a intrattenere buone relazioni con la Svizzera

Molti paesi dell’UE soffrono le conseguenze negative della libera circolazione delle persone. La Gran Bretagna ha avuto il coraggio di girare le spalle a questa Unione prepotente che ignora spietatamente le peculiarità e le esigenze dei singoli Stati membri. Gli inglesi si sono salvati da questo mostro burocratico che sta imponendo un nuovo colonialismo basato sulle minacce. E cosa faremo noi svizzeri che non abbiamo mai voluto aderire all’UE? L’UE è certamente un importante partner commerciale, ma la sua quota delle nostre esportazioni totali è in inesorabile calo. Abbiamo da lungo tempo una bilancia commerciale negativa con l’UE, il che significa che importiamo di più di quanto esportiamo. Questo è un altro motivo per cui l’UE ha interesse a intrattenere buone relazioni con il nostro Paese. Noi svizzeri possiamo quindi difendere con fiducia la nostra sovranità, la nostra democrazia diretta e la nostra indipendenza e difendere in tal modo anche tutti i nostri cittadini, che sono in difficoltà proprio in questo momento di grave crisi economica.

Davide contro Golia – ma questa lotta ne vale la pena

Con l’attuale crisi stanno arrivando tempi duri. Il futuro è incerto. Possiamo proteggere la nostra popolazione, i nostri lavoratori, solo se decideremo autonomamente della nostra immigrazione. Dopo l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus e il necessario prolungamento del lavoro ridotto, è divenuto di fondamentale importanza creare le premesse affinché i nostri professionisti ritrovino nuovamente e velocemente lavoro e il nostro Paese riacquisti autonomia negli ambiti strategicamente, economicamente e socialmente importanti. Il Ticino e le regioni di frontiera risentono in modo particolare delle conseguenze negative di un’immigrazione eccessiva. L’ho già detto: la situazione che noi viviamo a causa della libera circolazione delle persone è solo l’anticipazione di ciò che sarà presto una triste realtà in tutto il nostro Paese. Ecco perché ora è arrivato il momento di tirare il freno d’emergenza e ritornare a gestire autonomamente la nostra immigrazione. Noi dell’UDC combattiamo questa battaglia da soli. Ma ne vale la pena – stiamo lottando per il nostro futuro, per il futuro dei nostri figli e di tutto il nostro Paese. È una lotta Davide contro Golia, ma vi assicuro: le gambe di Davide non stanno tremando.

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Circa l‘autore
Marco Chiesa
Ruvigliana (TI)
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