Chiarimenti sulla libera circolazione
Se vi fosse un premio per chi organizza l’attività propagandistica presunta più efficace contro un’idea sgradita ai potentati economici, difficilmente questo sfuggirebbe a coloro che stanno orchestrando l’attuale crociata contro l’iniziativa popolare per l’attenuazione (non già l’abolizione!) della libera circolazione fra l’UE e la Svizzera. Costoro, sotto l’egida di Economiesuisse (ex Vorort) fanno di tutto per dar da bere ai cittadini meno informati che se il 27 settembre l’iniziativa fosse accolta, dal giorno dopo gli svizzeri, negli altri Paesi europei, non potranno più battere un chiodo. Bisogna però sapere che: 1. Gli accordi «minacciati» dalla cosiddetta «clausola ghigliottina», sono solo i 6 del «primo pacchetto» (non già i cento e rotti atri!), compreso il famigerato accordo sul traffico, che permette a tutti i TIR del continente di intasare a piacimento le nostre strade, praticamente gratis; accordo che interessa sicuramente più agli altri che a noi. 2. La famosa «clausola ghigliottina» non scatta automaticamente, ma solo se tutti i 27 Stati dell’UE si mettono d’accordo.
Ma la Svizzera è proprio così malconcia da non avere neppure un alleato fra tutti i 27? Trattandosi di Paesi che hanno tutti intensi scambi commerciali con il nostro (basti pensare che la Svizzera compra dall’UE ogni anno merci per un valore di 33 miliardi di euro più di quanti ne venda). Ebbene: credete che a un simile partner gli industriali interessati «ci sputerebbero sopra»? Che qualche burocrate vaneggi di punire la Svizzera per l’eventuale reato di carente europeismo, è possibile. Ma che tutti gli industriali europei la pensino così è ancora da dimostrare. Certo, per trovare alleati occorre un serio lavoro diplomatico. Che sia per questo che il Consiglio federale è così ostile all’iniziativa?
Gli «aficionados» della libera circolazione cercano inoltre di indurre i cittadini ad affossare la proposta sostenendo che l’anno scorso si sono stabiliti in Svizzera meno stranieri che nell’anno precedente, ma fingendo di ignorare che il milione e passa di persone stabilitesi da noi negli ultimi 12 o 13 anni, continuano a rimanerci tranquillamente, con tutto quanto ciò comporta (esplosione edilizia, caro-affitti, aumento del traffico stradale eccetera). Non si può naturalmente escludere che anche in caso di approvazione, l’iniziativa a Berna venga aggirata nei contenuti, come fece con quella «contro l’immigrazione di massa» (che è un po’ la «madre» dell’attuale). In quell’occasione, dando per scontata la contrarietà di Bruxelles, non si fece neppure finta di volerla applicare seriamente. Un sì alla proposta odierna sarebbe anche un modo per dire di no a simili turlupinature.
Franco Celio,
già deputato in Gran Consiglio per il PLR